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Vara custodita nella
Cappella di San Nicolò Politi
Secolo XVI, autore ignoto
Cenni storici
Nella Chiesa Madre di
Alcara li Fusi si conservano quattro fercoli processionali dedicati al
protettore San Nicolò Politi. Il più antico si
trova all'interno della Cappella segreta e su di esso sono gelosamente
custodite l'Arca Reliquiaria d'argento realizzata nel 1581
dall'argientiere Catanese Paolo Guarna e il simulacro in legno e
telacolla di epoca e autore ignoti, raffigurante il Santo Eremita.
Questa è l'unica vara che non viene utilizzata per le
processioni a causa delle pessime condizioni strutturali in cui versa,
ma anche perchè, nel corso dei secoli è stata
sostituita dalle altre due vare ed essa è stata riadattata
all'ambiente in cui si trova. Secondo una cronaca siciliana, la
città di Catania nel 1519 vendette ad Alcara l'antica vara
di Sant'Agata che venne sostituita con un'altra tutta d'argento. Nel
manoscritto del Notaro Merlino, che si conserva nella biblioteca Ursino
Recupero di Catania, si legge che il 4 Febbraio 1519 "La Gluriusa
Agatha si torniao supra la vara nova di argento; per passatu si
turniava supra una vara di legnami a la moderna tucta decorata, la
quale tunc temporis fu venduta a la Universitati di Larcara per
conduchiri lu corpu di Sancto Nicola Larcaro, noviter retrovato in una
spelunca fora di la terra miracolose canupnicsato per sedem
apostolicam".
Purtroppo non abbiamo la certezza che la vara in
questione sia quella appartenuta a Sant'Agata, anche perchè,
come fa notare il Di Bella nel suo libro dedicato alla nostra Chiesa
Madre, quest'opera stilisticamente potrebbe collocarsi agli ultimi
decenni del XVI secolo. Dunque è presumibile che la vara
della Martire Catanese, sia andata perduta, anche se non è
da escludere che anche questa sia proveniente da Catania, infatti il
Surdi ci informa che la città etnea aveva inviato ad Alcara
una vara in segno di gratitudine a San Nicolò Politi,
invocato per evitare la pestilenza del 1575. Purtroppo,
però, il Surdi nel suo libro del 1709 non dà una
descrizione dettagliata dell'opera, ripresa poi nel 1881 da Petronio
Russo il quale aggiunge solo che la vara è una "bellissima
macchina di nobil lavoro e fregiata d'oro finissimo".
Descrizione dell'opera
L'opera si sviluppa su impianto rettangolare,
caratterizzato alla base da specchiature a grottesche separate da
mensole antropomorfiche che sostengono otto colonne. Quelle centrali
sono state avvicinate per consentire l'entrata e l'uscita del simulacro
e dell'Arca Reliquiaria del Santo, facendo così perdere
l'originaria leggibilità artistica e provocando in parte dei
cedimenti strutturali.
Nei lati corti, al centro della decorazione,
figurano, da un lato, un'aquila tra due busti femminili e, dall'altro
un volto di donna. Le colonne dai capitelli diversi l'uno dall'altro e
caratterizzate da decorazioni costituite da mascheroni, racemi ed
uccelli in oro su fondo dipinto, sostengono una trabeazione classica
caratterizzata da specchiature decorate con motivi vegetali in oro su
fondo dipinto, separate da testine alate. Nei lati corti al centro
della decorazione, figurano, da un lato il volto del Cristo con la
fronte sanguinante e, dall'altro, un volto femminile. Sulla trabeazione
si sviluppa la copertura a padiglione decorata esternamente tutta ad
intaglio con motivi vegetali, mentre internamente è
contornata da teste alate che fanno da cornice ad un cielo stellato in
cui sono scolpiti tra raggi luminosi, il sole in oro e la luna di
colore scuro, entrambi aventi occhi, naso e bocca. Al centro, tra
questi due elementi, vi è il volto del Cristo contornato da
una raggiera luminosa in oro.
Nicola Bompiedi
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opera
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